Taffimai è un marchio di contenuti digitali per bambini, frutto della collaborazione di affermati scrittori per l’infanzia, illustratori di talento, traduttori e interpreti sensibili. Occupandomi di storie digitali per bambini mi sono appassionata al loro lavoro di qualità. Emozionante sentire il primo vagito, in iTunes, della loro primogenita book app interattiva e multilingue per piccoli, Anita annoiata, disponibile su AppStore e Google play.
Ma chi è questa Anita, nata dall’abilità di Lodovica Cima e dell’illustratrice Silvia Baroncelli? Tavole colorate, tratto sicuro. Coda bionda, leggings, maglietta a pois, occhi scoraggiati. Non sa proprio cosa fare, non ha niente per giocare…senza la sua bambola, la palla, i pastelli colorati, l’orso, il monopattino…
C’è la noia leopardiana, esistenziale, la noia da spararsi e poi c’è una bambina che si sta annoiando: c’è la noia di Anita, la bambina che tutti noi siamo stati. Finalmente la noia. Assenza assoluta di interesse e curiosità per l’esterno.
La struttura dell’app segue la ripetitività: il parco appena abbozzato, la panchina arancione, la protagonista che si macera nel non saper cosa fare mentre pensa, affranta – in nove differenti tavole/situazioni – ai balocchi lasciati a casa e con i quali si divertirebbe moltissimo.
Nove tavole alternate ad altre 8 in cui amici allegri e propositivi tentano di staccarla dal torpore in cui è piombata (Così potrei giocare un po’, senza nulla non si può). A nulla servono i loro tentativi, Anita è seduta e resta annoiata. In chiusura clamoroso colpo di scena.
Ammirevoli il tono, il tempo e il modo delle animazioni, pertinente la diffusa e minuta interattività di cui si gode, mentre pagina dopo pagina Anita lancia via, con gesti infastiditi, tutto ciò che le viene offerto pur trattandosi di allettanti opportunità di gioco. Rifiuta il lecca-lecca, la biglia, il libro di fiabe, il retino, secchiello e paletta, la macchinina (tenendo l’indice sulla macchina rossa la vediamo procede), l’aquilone (il cui
filo le si attorciglia addosso)…e il cappello da mago.
In ciascuna tavola gaie concessioni, buoni suoni di contesto, un jingle azzeccato per colonna sonora.
Anita conta tutti gli oggetti, impossibile trattenersi dal contare con lei, volendo nelle quattro lingue!
La valanga di proposte degli amici si conclude e proprio quando Anita comincia a risultarci apatica e vagamente antipatica, ecco un cambio di prospettiva: non è più seduta sulla panchina e si chiede Quante cose servono per giocare? Anita resta sempre annoiata ma sta per trovare la soluzione…e non sarà più Anita annoiata!
Alla comparsa degli otto amici la protagonista comprende che per giocare non serve una montagna intrasportabile di oggetti; butta tutto e corre libera e leggera nel prato con loro. Butta tutto anche la noia. Sono stati gli amici a scacciarla, l’amicizia e il gusto di stare insieme.
Le prime 9 tavole si ripetono nella malinconica insoddisfazione di Anita che non riesce a scuotersi e continua, fra uno sbadiglio e l’altro, a desiderare l’elemento risolutivo che non trova intorno a sé.
A mio avviso, queste tavole non sono divertenti, non nel senso in cui abitualmente intendiamo il divertimento, sono ad un livello diverso. Fanno toccare con mano la sua noia inscalfibile. Ed è questo il valore alto della narrazione. Non divertono nel senso che non accendono l’immaginazione del lettore, non lo depistano e non lo trascinano in uno svago chiassoso, al contrario, lo costringono a provare quella monotonia, quella noia.
Il lento ritmo, l’insistenza di Anita nell’anelare i giochi rimasti a casa, rendono questa storia efficace nel provare il suo stato d’animo e poiché è reso semplice condividere il suo sentire sarà altrettanto partecipato il finale liberatorio.
Nel tempo della noia ad Anita risulta chiaro ciò che davvero è importante per lei. Lentezza e mancanza di distrazioni ne hanno affinato la sensibilità, hanno fatto chiarezza riuscendo a perfezionare la capacità di scegliere. In questo caso di scegliere l’amicizia.
Benvenga la Noia, lunga vita ad Anita annoiata!